Agenda Urbana Europea

Oggi, l’agenda urbana europea approvata nel cosiddetto “patto di Amsterdam” (maggio 2016) considera le città come i nuovi motori della strategia europea di sviluppo. La maggior parte delle persone ormai vive in ambienti urbani: per l’Europa nel 2014 la quota era del 72 % e nel 2030 si prevede che raggiunga il 78% della popolazione. A seguito della globalizzazione dei mercati e della ristrutturazione del sistema economico-produttivo, l’Europa si trova ad affrontare nuove sfide che si riassumono nella parola chiave della “coesione sociale” minacciata dalla polarizzazione sociale e dall’emarginazione urbana, dalla crisi ambientale/ecologica, “dall’assalto” dei disperati che facciamo annegare nel mediterraneo o rinchiudere nei lager libici.

Le città medie e piccole in Europa rappresentano ancora la spina dorsale del territorio e svolgono un ruolo decisivo ai fini della “coesione sociale e dello sviluppo”. La commissione europea rileva come l’Europa sia caratterizzata da strutture urbane policentriche e meno concentrate rispetto a Cina e Stati Uniti. L’Europa presenta due soli grandi agglomerati: Parigi e Londra accanto ad un considerevole numero di grandi regioni urbane, dense reti di città di piccole e medie dimensioni. In tendenza si assiste all’emergere di mega regioni urbane policentriche che costituiscono reti di città di piccole e medie dimensioni.

Secondo le direttive comunitarie il futuro sviluppo urbano dovrebbe essere basato su:
una crescita economica equilibrata;
su forti regioni metropolitane ed altre aree urbane con una buona accessibilità ai servizi di interesse economico generale;
su una struttura composta da insediamenti abitativi con limitata espansione dove si riqualifica l’esistente piuttosto che costruire ex-novo.
L’obiettivo è realizzare un governo fortemente territorializzato dove le città che diventano un luogo attrattivo ed interattivo sono la base per realizzare un modello di europeizzazione soft, che passa attraverso la convergenza verso un modello unico condiviso di governance.
Questa europeizzazione soft che viene presentata come un’indicazione e una via d’uscita dalla crisi, si articola secondo tre direttrici:

  • aiutare le zone urbane a sviluppare le proprie infrastrutture materiali quale base per la crescita economica;
  • aiutare le zone urbane a modernizzare le loro specificità economiche e sociali con investimenti in servizi tecnologici:
  • aiutare le zone urbane a riqualificarsi recuperando siti industriali e bonificando terreni contaminati cercando di creare legami più stretti fra aree urbane e rurali;

Strategia Europa 2020 ritiene che il motore di sviluppo di un’economia della conoscenza vada individuato nelle aree metropolitane e nelle regioni funzionali. In questo contesto i confini amministrativi delle città definite in epoche storiche precedenti non sono più adeguati all’idea di città moderna o “città metropolitana” tecnologicamente avanzata e con relazioni ed interconnessioni a rete con il mondo globale. Questo concetto di città aperta o infinita supera i vincoli della contiguità territoriale e mette al centro le funzioni come ad esempio la logistica, la mobilità che consentono di governare i flussi di merci e persone di una vasta area.

Più che di città in senso stretto si tende a parlare di “ area metropolitana “ , ovvero di un addensamento di funzioni e servizi capaci di costituirsi come nodo di una rete globale europea. Con la categoria di “area metropolitana” la politica europea tenderà a trasformare la sua attuale politica redistributiva, tesa a sostenere le regioni in ritardo di sviluppo, in una politica di sviluppo strategico volta a potenziare le “ eccellenze”. La concentrazione di consumatori, lavoratori ed imprese unitamente ad istituzioni formali ed informali in una zona o area rappresenta qualcosa di più di un semplice centro abitato: il 67% del Pil europeo viene prodotto in regioni metropolitane sebbene la loro popolazione rappresenta solo il 59% del totale dei suoi abitanti.

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